MAGIA E CURA


UN SITO DEDICATO ALL'USO CLINICO DELL'ILLUSIONISMO

In medicina è ancora piuttosto limitata una riflessione scientifica sul valore della suggestione, tranne qualche interesse verso l’effetto placebo. Per apprendere i principi e i meccanismi di questo fattore terapeutico importantissimo bisogna allora studiare discipline lontane dalla clinica.

In queste pagine sono presentate esperienze cliniche sull’impiego di tecniche di illusionismo nella consultazione clinica, nella ricerca e nella formazione.


Introduzione

Nell’attività clinica con bambini e adolescenti, i medici e le altre figure sanitarie si confrontano quotidianamente con il problema di relazionarsi con i pazienti e comunicare con loro per curarli e rilevarne i bisogni. Non esistono però generalmente percorsi dedicati alla comunicazione e alla relazione con i pazienti in età evolutiva nel corso della formazione dei sanitari. Mentre è dato per scontato che il dialogo con il bambino, e anche con l’adolescente, sia qualcosa di semplice ed immediato, in realtà in questo rapporto è necessario essere in grado di giocare con il paziente creando uno spazio nel quale mescolare realtà e fantasia (Winnicott 1971)

Le tecniche illusionistiche offrono la possibilità di creare questo spazio e sono descritte come risorsa di crescente uso nei contesti di cura pediatrica (Elkin 2018)

L’illusionismo è l’arte teatrale di simulare la magia cioè una violazione – impossibile – delle leggi di natura ed è talora utilizzata in particolare con i pazienti pediatrici (Wiseman 2018)

Esistono però poche ricerche sull’uso di tecniche illusionistiche a supporto dei pazienti mentre esistono numerose esperienze di impiego dei giochi di prestigio nell’ambito della cura e della riabilitazione. 

Analizzeremo alla luce dell’esperienza clinica degli autori la letteratura scientifica sull’utilizzo in ambito clinico delle tecniche illusionistiche. 



Supporto alla comunicazione e alla relazione

Massimo è un bambino di cinque anni ricoverato in un reparto pediatrico in seguito ad un episodio di disidratazione in seguito ad un’infezione herpetica del cavo orale. È spaventato dalla vista delle infermiere e del primo medico che tenta senza successo di vistarlo. Il pediatra chiamato in consulenza, prima di iniziare la visita chiede al bambino con espressione stupita se abbia delle ranocchie nella pancia e mostra come questa si metta a gracidare appena è toccata. Il bambino ride per la sorpresa. Lo stesso suono è udito appena il medico appoggia il fonendoscopio al torace o quando apre la bocca per preparare il bambino all’ispezione del cavo orale. Il medico tiene in tasca per facilitare la visita dei bambini alcuni strumenti detti squeeker in grado di far sembrare che parti del corpo o oggetti possano emettere suoni.  

Il possibile ruolo dell’impiego di queste tecniche per migliorare la comunicazione in contesto clinico e la relazione tra sanitari e pazienti è evidenziato in alcune pubblicazioni indicizzate (Peretz 2005, Levin 2007). L’uso di trucchi magici è ad esempio considerato utile per “rompere il ghiaccio” durante la vista del paziente e per alleviarne lo stress.

In contesto odontoiatrico uno studio randomizzato e controllato (Peretz 2005) ha mostrato come un semplice numero di magia mostrato al paziente influenzi positivamente la sua comprensione delle procedure diagnostiche e terapeutiche. Risulta inoltre favorita la relazione con il dentista, facilitando ad esempio la separazione dai genitori durante l’esecuzione delle radiografie.


Diversione

Luisa è una bambina di sei anni che deve eseguire una trasfusione per una patologia ematologica. Ha mostrato ansietà durante una precedente trasfusione. Il pediatra le ha mostrato alcuni giochi di prestigio eseguiti con delle piccole palline di spugna rosse per spiegarle il funzionamento dei globuli rossi e la necessità della trasfusione. Riesce a svolgere senza apparente disagio la procedura, tenendo in ciascuna mano una pallina di spugna.

È segnalato come le tecniche in oggetto possano trovare impiego in ambito pediatrico per distrarre il bambino durante l’esecuzione di esami diagnostici o terapie dolorose e stressanti, e per distoglierlo dagli aspetti tecnici delle visite (Peretz 2005) .


Humour therapy 

In un reparto pediatrico lo psicologo clinico esegue il giro delle visite ai pazienti mostrando numeri di illusionismo. Allestisce in sala giochi, insieme agli educatori gruppi di magia comica e propone ai pazienti interessati di imparare alcuni trucchi. I pazienti partecipano con entusiasmo e divertimento a queste attività.

Le terapie basate sull’umorismo sono approcci che mirano a ridurre il disagio emotivo dei pazienti ospedalizzati. Il loro obiettivo è quello di fornire elementi di distrazione e buonumore per migliorare il benessere e di conseguenza, sperabilmente, la capacità di affrontare la malattia (Hart 2010, Erdman 1994)


Programmi di assistenza come “Open Heart Magic” hanno come obiettivo il contrastare la noia e la frustrazione dei bambini ospedalizzati6 e l’umorismo è una componente fondamentale anche separatamente dalle tecniche di magia.


Psicoterapia

Per quanto riguarda l’uso della magia all’interno di interventi psicoterapeutici, è stato evidenziato un effetto di miglioramento dell’autostima in soggetti preadolescenti con sintomi depressivi (Levin 2007). È stato anche descritto il potenziale effetto positivo nello sviluppo di competenze essenziali di interazione sociale nei bambini (Scott Stehouwer 1983). L’effetto positivo di tali pratiche su autostima e comportamento è stato osservato anche in contesti educativi con adolescenti (Levin 2007), con ragazzi disabili (Frith 1983, Ezell 2003) oltre che nella didattica general (McCormack 1985).

La psicoterapia in ambito pediatrico ha come obiettivo comprendere le emozioni (tra cui tristezza, dolore e gioia) dei bambini: quest’espressione rappresenta una condivisione con un adulto (Gamba 2016).

Quando il clinico si trova di fronte a un bambino affetto da una malattia grave, è essenziale aiutare nell’elaborazione della sua condizione, in modo che le emozioni confuse diventino pensabili.

La condizione di malattia grave può costituire un’esperienza angosciante rispetto a cui, secondo le teorie dinamiche, i bambini si trovano a cercare di poter mantenere una sorta di doppio binario nella comprensione degli eventi (Gelli 2004). 

Da una parte si trovano a dover organizzare le loro difese allontanando dal campo della coscienza le preoccupazioni, le paure e il dolore. D’altra parte hanno però la necessità di non essere soli emotivamente a far fronte alle angosce e di sentire che l’altro (i genitori e il personale curante) può comprendere i loro stati d’animo senza essere travolto a sua volta dalla paura. In questa prospettiva, se l’angoscia è completamente negata, esiste la possibilità che riappaia, anche a distanza di tempo, sotto forma di sintomi psicopatologici (Raimbault 1978). In questo contesto il clinico è chiamato a far famigliarizzare il bambino con gli aspetti della realtà seguendo l’insegnamento di Winnicott (1971), ovvero somministrando il mondo reale a piccole dosi. È chiaro quindi che stiamo parlando di una relazione di cura che deve tenere a mente la dimensione della sincronicità: ovvero il terapeuta può svelare la realtà quando sente il paziente è emotivamente pronto ad accoglierla. 

Oltre a questo, già da lungo tempo la psicologia dinamica ha descritto il rischio che il bambino per le peculiarità della logica infantile elabori un’interpretazione della propria malattia in termini di colpevolezza o punizione (Massaglia 2005, Buckman 1992). A ciò si può aggiungere il sentimento di colpa per l’essere causa di sofferenza dei propri genitori. Il modo in cui i bambini vivono la propria malattia e l’angoscia può essere espresso attraverso sintomi oppure in una cifra simbolica attraverso i disegni e i giochi. 

Dare attenzione alle paure e ai sentimenti del bambino e includere questi aspetti nella relazione con lui possono realizzare l’esperienza di un contenimento emotivo e di riconnettere la realtà con le possibilità offerte dalla creatività personale (Gamba 2016).

Tra le risorse creative della mente infantile (ed anche adulta) vi è l’immaginazione e la tradizione, non solo psicoanalitica, ma anche pedagogica, invita a considerare con attenzione i rapporti tra realtà e immaginazione.

Secondo le pratiche consolidate di psicoterapia è possibile considerare il gioco come una possibilità di racconto che consente di trasformare quelle paure, affetti negativi e conflitti risolvendoli attraverso la ricerca di soluzioni creative per dare un finale positivo, più tollerabile e condivisibile (Lewis 1991, Ekstein 1981). Inoltre, il gioco permette di proiettare al di fuori da sé stessi alcuni aspetti emotivi perturbanti, che grazie a questo meccanismo possono risultare più gestibili dal bambino stesso. 

La sensazione di un bambino di essere emotivamente compreso può derivare, secondo una prospettiva dinamica, dal fatto che è compreso il significato simbolico (comunicativo) del suo gioco e che l’adulto risponde in modo congruo giocando o parlando. La capacità dell’adulto di rispondere implica che non sia sopraffatto dall’angoscia o da problemi materiali e questo pone la necessità di un supporto diretto anche per i genitori al fine di offrire aiuto ai propri figli malati.

Se la malattia grave è un evento reale e catastrofico che può accompagnarsi a potenti angosce, la possibilità di esprimere queste emozioni può avere un valore di aiuto in una prospettiva interattiva, secondo il modello del contenimento emotivo formulata dallo psicoanalista britannico Wilfred Bion (1984). L’impossibilità di condividere le esperienze, di poterle pensare e utilizzare provoca infatti angoscia paralizzante e confusione (elementi beta). Gli interventi ispirati a questo modello mirano a ridurre l’isolamento dei pazienti, facendo prendere loro coscienza e sperimentare che l’angoscia e l’aggressività possono essere accettate e contenute in una relazione e che queste emozioni sono rese meno pericolose dalla comprensione e dall’empatia da parte del clinico (Bertolotti 2012).

La consultazione mediante strumenti illusionistici prevede generalmente, in vario ordine, una fase di raccolta anamnestica, una di colloquio con i genitori, una di valutazione del bambino con i genitori (almeno uno) e di seguito senza la partecipazione di questi ultimi, e una fase di restituzione, come nella consultazione svolta con l’ausilio di tecniche convenzionali. La consultazione, con opportuni adattamenti, è applicabile fino alla preadolescenza (Veneroni 2017).

La formula di presentazione al paziente è quella tradizionalmente impiegata… “Sono un dottore che si occupa dei pensieri, dei sogni, delle paure, delle preoccupazioni”(Gelli 2004).. A essa si aggiunge una breve introduzione all’utilizzo della magia; ci si può rivolgere al bambino dicendo ad esempio: “Credo che tu sia un mago. Non so se te ne sei mai accorto. Devi soltanto scoprire queste possibilità”.

Si propone quindi un gioco in cui si valorizza il ruolo del bambino come autore della magia: ad esempio far cambiare di colore alle pagine di un libro magico, far scomparire, con un colpo di bacchetta magica, dalla mano chiusa del clinico una pallina che poi sarà ritrovata dietro l’orecchio del bambino, far comparire delle caramelle in una scatola truccata precedentemente mostrata vuota, eccetera.

L’avvio di un colloquio di consultazione secondo questa modalità presenta alcuni vantaggi. Innanzi tutto, la preoccupazione del bambino di incontrare un altro medico può essere superata dallo stupore causato dal trucco di magia, che permette da un lato di distrarlo momentaneamente e dall’altro di indurre emozioni positive.

Dopo l’avvio è spesso possibile proseguire la consultazione con un racconto spontaneo del bambino, ad esempio il racconto dei sogni (che hanno vari aspetti di connessione con la magia per la loro natura immaginaria).  

Il ruolo della magia nell’accoglienza dei pazienti appare quindi meritevole di approfondimento e di considerazione clinica.

Prendendo in considerazione l’ambito delle malattie gravi pediatriche, in quest’ultimo occorre talvolta trattare sintomi connessi all’esperienza traumatica della malattia mediante strumenti in grado di mitigare la sofferenza e facilitare i processi di pensiero

L’impiego di tecniche illusionistiche in questo ambito può avere rilevanti potenzialità espressive, e aiuta a trattare con il clinico tematiche legate ad aspetti emotivi ma in una chiave giocosa e fiabesca, coerente con le peculiarità della logica del bambino.

Apprendere ed eseguire numeri magici (in cui si realizza apparentemente l’impossibile) può costituire una sfida con sé stessi e aumentare il sentimento di competenza. 

Il fatto di “realizzare l’impossibile” smentisce l’idea di irrealizzabilità che spesso risulta dall’esperienza di una malattia grave, e può al contrario dimostrare l’opportunità che il paziente ha di trovare dei modi alternativi per far fronte alle difficoltà, riuscendo a districarsene. 

Diversi pazienti guariti da gravi patologie pediatriche hanno riportato come lo studio della magia sia stato per loro “come un rifugio” o un modo per “sentirsi ancora competenti” o “in grado di fare delle cose che suscitano emozioni e li fanno sentire vivi”.

La magia si associa generalmente a stupore, gioia, capacità di mettere in movimento. L’esecuzione dei giochi di prestigio offre un elemento di motivazione per compiere lo sforzo di mettersi in movimento ed uscire da apatia e ritiro per lo stimolo di eseguire un’azione in grado di stimolare una reazione gioiosa negli osservatori.

L’utilizzo di tecniche illusionistiche può avere quindi valore di supporto nel processo di empowerment del paziente, insieme di azioni che mirano a potenziare le sue risorse psico-sociali nella gestione della malattia e del suo percorso terapeutico. 


Terapia fisica e riabilitazione 

Esistono da vari anni programmi che propongono l’apprendimento e la pratica di trucchi di magia come forma di terapia fisica per facilitare il recupero di abilità motorie ad esempio in pazienti con emiplegia.

La letteratura evidenzia un vantaggio dall’esercitarsi a eseguire trucchi magici all’interno di un programma di riabilitazione motoria per pazienti affetti da emiplegia o altre patologie neurologiche o ortopediche (Green 2011, Green 2013, Kwong 2007, Lyons 1990, Harte 2014).

Alcuni studi evidenziano un miglioramento del benessere fisico complessivo (Kwong 2007) e un aumento dell’uso dell’arto affetto dal deficit (Green 2013).

È descritto come inquadrare gli esercizi in una cornice giocosa possa costituire un elemento favorevole per pazienti in età evolutiva.

L’apprendimento dei giochi di prestigio può esercitare e migliorare diverse capacità, tra cui le competenze motorie grossolane (ampiezza di movimento, rafforzamento e bilanciamento degli arti superiori e inferiori), la percezione visiva, tattile e la propriocezione, la pianificazione del movimento e le capacità motorie fini (destrezza, coordinazione oculo-motoria, velocità e precisione, manipolazione degli oggetti), l’abilità di problem-solving e le capacità mnemoniche.

Il fatto di proporre gli esercizi sotto una forma magica e giocosa permette inoltre di aumentare la motivazione nei bambini e di alleviare la tensione spesso presente.

Poiché nelle patologie gravi dell’età pediatrica come quelle oncologiche si presenta spesso il problema di motivare e sostenere l’esecuzione di esercizi di riabilitazione in soggetti con compromissioni funzionali legate alla malattia, l’impiego della magia può rivelarsi un metodo valido e funzionale, al fine stimolare i pazienti nel loro svolgimento, evitando noia e monotonia.   


Discussione

La disamina della letteratura scientifica e l’esperienza clinica degli autori evidenziano come l’uso della magia in ambito pediatrico possa rappresentare un’utile risorsa, sia per il clinico che per il bambino stesso. Può infatti dare la possibilità al medico di iniziare una relazione con il paziente, basata sulla fiducia e sulla collaborazione. Al tempo stesso, permette al bambino di relazionarsi con il clinico in un modo diverso dal solito, dove al centro del legame siano presenti il gioco e l’esperienza vissuta positivamente. 

L’utilizzo di trucchi magici si è mostrato utile in diversi ambiti: come supporto alla comunicazione, nell’ottica in cui rappresenta un mezzo per relazionarsi con il paziente, come mezzo di supporto alla compliance, essendo un approccio interattivo che coinvolge il bambino sul piano emotivo e intellettuale, nell’ambito della psicoterapia, in quanto permette di migliorare determinate competenze del paziente e, nel caso di una malattia grave, permette di rendere il vissuto di quest’ultimo meno angoscioso. Le emozioni hanno infatti un ruolo centrale nella cura di pazienti in cui la malattia mette alla prova, spesso in modo traumatico, l’adattamento psicofisico, in fasi della vita cruciali per la costruzione dell’identità, delle relazioni e dell’autonomia.

Il tema della magia emerge frequentemente nel gioco e nelle narrazioni dei bambini. Nei primi sette anni di vita il funzionamento mentale del bambino ha aspetti definiti come pensiero magico, modalità differente dalla logica degli adulti, che consiste nella credenza del bambino di poter comandare le cose.

Questo stile di pensiero permette al bambino di confrontarsi con la realtà ancora in parte sconosciuta, e di spiegare fatti ancora difficilmente comprensibili per lui. Anche

per questo gli strumenti tradizionali di comunicazione e relazione con il bambino sono state le favole che contengono ampiamente aspetti magici e in epoca più recente hanno avuto grande diffusione film come “Harry Potter” in cui la modalità di narrazione richiama i meccanismi di pensiero tipici del bambino. 

A seconda dell’età varia anche la comprensione dei giochi di prestigio. L’attenzione si sviluppa intorno a 3-7 anni di età per effetto dello sviluppo delle capacità esecutive e nel contempo si sviluppa anche il pensiero logico (Posner 2007). A partire da circa 4 anni di età si sviluppa una teoria della mente che permette di comprendere come le altre persone abbiano propri pensieri e proprie intenzioni (Apperly 2009) e nel contempo si ha la capacità di distinguere fantasia e realtà (Flavell 2000). A partire da questa età i bambini iniziano a sviluppare interesse verso i giochi di prestigio. 

Con l’età si riscontra anche l’evoluzione delle credenze magiche e della convinzione che esistano eventi che violano le leggi fisiche (Subbotsky  2014) e molti bambini in età prescolare credono che i maghi abbiano poteri soprannaturali (Evans 2002). Anche se le credenze magiche possono persistere in età adulta (Subbotsky 2001, Subbotsky 2004), i bambini iniziano a sviluppare durante l’età scolare, anche per effetto degli studi, un punto di vista più scientifico che sostituisce le credenze magiche (Subbotsky 2010).

Una parte importante della tecnica della magia è la narrazione che accompagna il numero. Questo aspetto ci porta a riflettere sulla funzione narrativa della mente (Mittino 2013): partendo dal presupposto che l’esperienza umana è un intrecciarsi di storie, è possibile sostenere che il racconto della magia costituisce un passaggio trasformativo. Ad esempio immaginiamo un paziente che teme di non poter far fronte ad una grave difficoltà, lo sperimentare che la magia realizza ciò che apparentemente sembra impossibile opera un cambiamento a livello modale: da non potere a potere. 

Le funzioni della mente che si attivano in questi casi sono due: la fantasia e la memoria. La prima è da intendersi come la capacità della mente di esplorare possibili alternative della realtà. La seconda invece è la memoria procedurale, la conoscenza di come si fa a fare quello che si fa. La narrazione magica permette quindi in qualche modo di esplorare a fondo la realtà (fantasia) e di apprendere modi per affrontarla (memoria procedurale). Inoltre non va dimenticato che le pratiche magiche generano un senso di stupore nello spettatore che significa attivare dei processi di pensiero che hanno a che fare con il creare mondi alternativi e sviluppare l’immaginazione. Entrambe queste capacità possono essere connesse ad un processo volto ad elaborare le angosce di morte all’interno di storie di malattia grave. Possiamo quindi pensare alla magia come ad una pratica che contribuisce a ridare speranza a persone che temono di averla perduta per sempre. È come se gli occhi di chi pratica trucchi di magia trasmettessero un potere relazionale capace di riabilitare funzioni di pensiero nello spettatore.

Negli Stati Uniti sono stati realizzati, negli ultimi decenni, alcuni programmi dedicati a impiegare trucchi di magia in ambito sanitario, particolarmente a supporto di programmi di riabilitazione fisica.

In particolare meritano di essere ricordati “Project Magic”, che è stato avviato nel 1982 dall’illusionista David Copperfield (Kurzweil 2003, Paskell 2007), e “Healing of Magic”, fondato dall’ illusionista Kevin Spencer nel 1984 dedicato al supporto del recupero delle abilità motorie per pazienti presentanti gravi lesioni del sistema nervoso centrale. Infine, il programma “MagicAid” mira a usare la magia per migliorare la salute fisica e mentale: all’interno di questo programma vengono insegnati ai pazienti diversi trucchi magici (Elkin  2018).

Sulla scia di questi programmi in ambito anglofono, molti contesti clinici hanno cominciato a impiegare o consigliare tecniche illusionistiche come complemento delle procedure di riabilitazione fisica.

Vari osservatori hanno anche descritto gli aspetti positivi sul versante psicologico dell’impiego di tecniche di illusionismo. Le tecniche di illusionismo possono essere impiegate in interventi multimodali che possono avere un impatto sul funzionamento personale del paziente e delle sue relazioni. Fra gli effetti positivi descritti vi sono un’accresciuta abilità di ragionare in maniera non convenzionali e il supporto ad autostima, destrezza manuale e coordinazione fisica, oltre al miglioramento delle capacità comunicativa, aumentando le capacità sensoriali e cognitive. La valutazione oggettiva di questi effetti è però difficile anche perché gli effetti sono dipendenti da caratteristiche soggettive del paziente, dei suoi familiari e di aspetti relazionali fra il paziente e il clinico. Se da un lato sono ancora scarsi i lavori scientifici su riviste internazionali, dall’altro si riscontra un rinnovato interesse verso gli aspetti scientifici dell’illusionismo, ad esempio verso la comprensione di aspetti psicologici attraverso lo studio scientifico della magia (Lamont 2010, Rensink 2015, Clerici 2016).


Nell’effetto (e nella possibile efficacia) dell’impiego di giochi di prestigio nella consultazione clinica sono attivi aspetti molteplici, tra cui: costruzione di rapporti, aumento dell’autostima e della speranza, possibilità di reframing e capacità interpersonali.


Conclusione 

In questo lavoro è stato presentato il ruolo dei giochi di prestigio come tecniche complementari utilizzabili a sostegno della comunicazione e relazione con i pazienti, della compliance ai trattamenti, degli interventi psicologici e della riabilitazione (Clerici 2014). Una delle caratteristiche di maggior interesse di queste tecniche è che, mentre aspetti di relazione con il bambino non possono essere insegnati, i giochi di prestigio possono essere oggetto di formazione e apprendimento.

Inoltre, in un clima culturale volto a far fronte ad una scarsità di risorse e all’esigenza di trovare soluzioni nel minor tempo possibile, l’uso di tecniche illusionistiche può permettere di valorizzare aspetti emotivi del paziente in tempi ragionevolmente brevi.

Esperienze non generalizzabili di singoli pazienti e le biografie di famosi prestigiatori (come ad esempio il prestigiatore argentino René Lavand che seguiva numeri di grande successo pur essendo stato amputato all’arto superiore destro), mostrano infine come l’apprendimento della magia costituisca un importante occasione di valorizzazione dell’autostima e occasione di sviluppo di abilità psicologiche e relazionali.

L’impiego della magia, che come dimostrano diversi studi può avere effetti positivi e rappresentare una risorsa in quest’ambito, resta un tema che merita di essere esplorato in maniera più esaustiva, al fine di rendere la sua applicabilità più ampia e utilizzabile anche in ambiti non pediatrici. 


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Estratto da: Clerici CA, Mittino F, Ferrari A, Silva M, Pagani E, Veneroni L, Di Pumpo S, Chopard S. Magie che curano. Tecniche illusionistiche a supporto della comunicazione e della relazione tra clinici e pazienti bambini e adolescenti. Recenti Progressi in Medicina 2020; 111: 102-107.

INTERVISTA A CARLO FAGGI 

Carlo Faggi, il mago Fax racconta alcune esperienze di uso di tecniche illusionistiche a sostegno dei pazienti, soprattutto bambini, sottoposti a cure mediche. Tra gli altri argomenti il Project Magic di Copperfield, gli studi pionieristici di Pietro Fancini e il rapporto del bambino con le illusioni.